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Truffa N26. È una truffa? Lo scam con la banca N26

Un SMS. Breve, freddo, chirurgico. “Il tuo conto N26 è stato associato a un nuovo dispositivo.” Panico. Confusione. Un numero d’emergenza da chiamare immediatamente. L’adrenalina sale. Qualcuno sta violando il tuo conto. I soldi potrebbero sparire in pochi istanti.

Ma c’è qualcosa di strano. Qualcosa di inquietante. Il messaggio non è un banale tentativo di phishing. Non arriva da un numero sconosciuto, anonimo, facile da smascherare. No. Il messaggio è dentro la conversazione ufficiale di N26. Lì, tra le comunicazioni autentiche della banca. È questo il colpo di genio della truffa. Un’illusione perfetta.

Chiunque avrebbe abboccato.

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Il trucco è semplice ma devastante: i truffatori usano una tecnica chiamata spoofing SMS. In parole povere, manipolano il mittente del messaggio facendolo apparire come se fosse stato inviato da N26. Il risultato è letale: il messaggio si fonde con quelli reali ricevuti dalla banca in passato.

Non c’è nessun modo di capire, a occhio nudo, che sia un inganno. Nessun dettaglio fuori posto, nessun errore grammaticale, nessun link sospetto. È tutto perfetto. La truffa inizia con un capolavoro di ingegneria sociale.

E il numero da chiamare? Sembra reale. Professionale. Fa pensare a un servizio clienti autentico. Una ricerca su Google rivela pochi risultati, qualche segnalazione di chiamate spam, ma niente di clamoroso.

Chi non ha l’abitudine di controllare i numeri finisce nella trappola.

E qui, il gioco si fa ancora più sofisticato.

Componi il numero. Una voce registrata accoglie la chiamata. Il tono è rassicurante, professionale. “Benvenuto in N26. Tutti i nostri operatori rispondono dall’Italia.”

Poi il menu interattivo, identico a quello di una vera banca online. “Premi 1 per assistenza, premi 2 per attivare una nuova carta, premi 4 per parlare con un operatore.” Ogni dettaglio è studiato per convincere.

Sembra tutto autentico. Il dubbio si dissolve.

Dopo qualche secondo, risponde un operatore. La voce è calma, pacata. Gentile ma determinata. Non ha l’atteggiamento aggressivo dei soliti truffatori. Non c’è fretta, non c’è ansia di ottenere subito i dati sensibili. No. Il piano è più raffinato.

L’operatore inizia con una rassicurazione: “Non risultano movimenti sospetti sul suo conto.”

È una mossa geniale. La vittima, in quel momento, abbassa la guardia. Si sente più tranquilla. Si convince che chi sta parlando con lei è davvero un impiegato della banca. Ma c’è un problema tecnico. Qualcosa di anomalo che richiede un intervento immediato. Nulla di grave, ovviamente. Basta solo una piccola verifica.

Ed è qui che il tranello si stringe.

L’operatore guida la vittima passo dopo passo.

“Dal primo gennaio 2024, N26 ha reso obbligatoria la certificazione del dispositivo per motivi di sicurezza.” Un’informazione falsa, ma credibile. Nessuno ne dubita. Se la banca lo richiede, bisogna farlo.

“Per completare la verifica, scarichi questo modulo ufficiale.”

Un link. Un semplice link da inserire nel browser del telefono. Il dominio sembra quasi autentico. C’è scritto certificato.app/n26.

Ma dietro quella facciata si nasconde la trappola: un file APK. Un’applicazione malevola.

Banda N26 💀💀💀 Guardate cosa ho scoperto!! 🔴 🔴

L’APK, una volta installato, trasforma il telefono in un libro aperto. Permette ai truffatori di vedere tutto: password, codici di accesso, dati bancari. Il conto diventa vulnerabile. Ogni transazione può essere manipolata.

La vittima non ha idea di ciò che sta accadendo. Crede di seguire una normale procedura di sicurezza. Invece, sta consegnando il proprio conto bancario nelle mani dei criminali.

Non è un semplice truffatore dietro questa operazione. È qualcosa di più grande. Più strutturato.

Dopo la pubblicazione del primo video, accade qualcosa di strano. La banda riconosce il nome utilizzato durante la chiamata, Fabrizio Allegrelli. Si insospettisce. Taglia la comunicazione. Blocca il numero. Sparisce.

Hanno capito di essere stati smascherati. Ma il loro comportamento rivela qualcosa di ancora più inquietante. Non è un gruppo improvvisato. È una vera e propria rete organizzata, capace di cambiare identità, numeri di telefono, metodi di approccio.

Ogni telefonata è studiata per sembrare autentica. Ogni dettaglio è curato per non destare sospetti. È chiaro che dietro questa operazione ci sono persone esperte, con accesso a strumenti sofisticati.

Eppure, la paura li tradisce.

Quando vengono richiamati, riconoscono la voce. Intuiscono il pericolo. Si bloccano. Riattaccano immediatamente.

Qualcosa non quadra. Sanno di essere stati scoperti.

Il numero viene disattivato. La banda sparisce. Ma per quanto?

Questi gruppi operano come fantasmi. Cambiano numeri, usano nuove scuse, adattano i loro metodi. Un giorno sono N26, il giorno dopo potrebbero essere BNL, Intesa, Unicredit. Il gioco è sempre lo stesso: colpire i più vulnerabili, chi si fida, chi non ha il tempo o le competenze per verificare.

La loro forza sta nella persuasione. Creano un senso di urgenza. Ti convincono ad agire senza pensare. Usano la tecnologia per rendere tutto più credibile. Un menu telefonico, un sito web, un’app fasulla. Non serve violare i sistemi delle banche. Basta che tu consegni loro le chiavi del tuo conto. Volontariamente.

Il gioco è psicologico. E funziona.

Ma chi c’è dietro? Da dove operano? Come scelgono le loro vittime? Domande senza risposta. Per ora.

Quello che è certo è che il numero di truffe di questo tipo sta aumentando. Sempre più persone ricevono SMS falsi, chiamate sospette, email ingannevoli. La banda di N26 è solo una delle tante.

E domani, forse, cambierà nome.

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