Le immagini circolano ovunque: Fabrizio Corona porta sul palco di uno spettacolo teatrale un cartonato di Selvaggia Lucarelli, in un contesto che ha fatto storcere il naso a molti. Il tutto condito da ironie, riferimenti ambigui e una narrazione che, a detta di diversi spettatori, supera alla grande il limite del buon gusto.
Video a teatro Fabrizio Corona vs Selvaggia Lucarelli
Questa messinscena si inserisce in un contesto più ampio, quello di uno spettacolo teatrale, Gurulandia, che è anche un’operazione commerciale perfettamente calcolata. Ma è anche un campanello d’allarme per il livello del dibattito pubblico in Italia.
La reazione della stampa non è stata unanime. Alcuni giornali hanno minimizzato la vicenda, altri l’hanno descritta come un episodio simpatico, mentre altri ancora hanno sottolineato le possibili implicazioni di un certo tipo di narrazione. Ma la domanda resta: è accettabile che determinati messaggi passino come semplice satira o intrattenimento?
La vicenda Lucarelli è solo l’ultimo tassello di una narrazione più ampia attorno a Fabrizio Corona, che negli ultimi mesi ha portato avanti una serie di progetti controversi. Uno di questi è la Corona Coin, una criptovaluta lanciata in modo spettacolare, poi crollata nel giro di poco tempo. Un progetto che si è rivelato un fallimento totale.
Il problema non è solo il progetto in sé, ma il fenomeno che si sta creando attorno. Molte persone si sono lasciate attrarre da queste iniziative, credendo a promesse di guadagni facili, senza considerare i rischi. E mentre alcuni ridono del “trash”, altri restano con il portafogli vuoto.
La domanda che dovremmo farci è: perché il sistema mediatico continua a dare spazio a questi fenomeni? È solo una questione di business e visibilità? E chi trae davvero vantaggio da tutto questo?
Un aspetto ancora più inquietante di tutta questa vicenda è il ruolo degli sponsor. Alcuni brand sembrano non porsi troppi problemi nell’associarsi a contenuti che sfiorano il limite della legalità o della moralità.
Un esempio? Il legame tra un noto marchio di scommesse e il circuito mediatico di Fabrizio Corona. Su alcuni canali legati a Fabrizio Corona vengono dati “consigli” sulle scommesse basati su presunte informazioni sull’orientamento sessuale dei giocatori in campo. Una pratica che lascia spazio a domande etiche e, probabilmente, anche legali.
Ma questi sponsor sono davvero consapevoli di dove finiscono i loro soldi? O si tratta di una strategia calcolata per sfruttare il clamore mediatico senza farsi troppe domande?
Il punto centrale di tutta questa storia è semplice: senza pubblico e senza finanziamenti, certi fenomeni smetterebbero di esistere.
Chi segue questi contenuti ha una responsabilità, così come chi li finanzia. La popolarità non dovrebbe giustificare qualsiasi comportamento, e l’intrattenimento non dovrebbe essere un alibi per messaggi pericolosi o degradanti.
Forse è arrivato il momento di fare pressione sui brand, di chiedere trasparenza e di prendere posizione contro certe dinamiche. Non si tratta di censura, ma di scegliere cosa vogliamo davvero sostenere con il nostro tempo, il nostro denaro e la nostra attenzione.
Questa vicenda non riguarda solo Selvaggia Lucarelli, Fabrizio Corona o uno spettacolo teatrale. Riguarda la cultura mediatica in cui viviamo, le priorità dell’informazione e il modo in cui il pubblico sceglie di alimentare determinati fenomeni.
Siamo di fronte a un bivio: continuare a ridacchiare come degli idioti, senza pensarci troppo, oppure iniziare a porci domande da esseri senzienti. È tempo di scegliere da che parte stare.